Si è conclusa positivamente la vicenda
che ha coinvolto un’azienda di fama internazionale dinnanzi a diverse Procure della
Repubblica, partendo da un primo filone d’indagini radicato presso la Procura
della Repubblica di Bolzano. In sostanza, a singoli responsabili della ns.
cliente veniva contestato il reato di truffa aggravata (artt. 110 e 640 bis c.p.),
in concorso con i singoli lavoratori prossimi al pensionamento, ed all’azienda stessa
la responsabilità dell’ente ex D.Lgs. n. 231/2001, per aver strumentalizzato la
normativa sulla NASPI (D.Lgs. n. 22/2015) per finalità di carattere aziendale,
procurando un vantaggio patrimoniale all’azienda, costituito da un notevole
risparmio di spese, ed ai singoli lavoratori coinvolti, che usufruivano dell’erogazione
della NASPI, con conseguente danno dell’INPS. L’azienda avrebbe, d’accordo con
i singoli lavoratori, risolto consensualmente i rapporti di lavoro, dopo aver “falsamente
rappresentato” il trasferimento del lavoratore, “costretto”, quindi, ad
impugnare il trasferimento ed a risolvere consensualmente il contratto di lavoro
con l’azienda, ciò che gli avrebbe comunque consentito di percepire la NASPI. Nell’ottica
dell’accusa, la cessazione del rapporto di lavoro sarebbe stata sin dall’inizio
“volontaria” anche da parte del singolo lavoratore, invece di “involontaria”, e
la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro (parificata normativamente al
licenziamento involontario ai fini dell’ottenimento della NASPI) sarebbe stata
soltanto simulata.
La linea difensiva del ns. Studio
è sempre stata diretta a spiegare la perfetta liceità dell’operato dell’azienda
datrice di lavoro, in quanto in tutti i singoli casi all’esame delle singole
Procure non vi è mai stata prova alcuna di una volontarietà iniziale del
singolo lavoratore a recedere dal rapporto di lavoro (anche se per ipotesi prossimo
al pensionamento). Dall’altra parte, la normativa NASPI prevede effettivamente
anche nel caso di risoluzione consensuale, parificata al licenziamento
involontario, l’erogazione dell’indennità al lavoratore uscente.
Il Giudice per l’Udienza
Preliminare (GUP) del Tribunale di Bolzano con sentenza di non luogo a
procedere “perché il fatto non sussiste”, rispettivamente, i Giudici per
le Indagini Preliminari (GIP) dei Tribunali di Roma, Perugia, Forlì e Udine, accogliendo
le istanze di archiviazione delle rispettive Procure della Repubblica, hanno
accolto la tesi di una mera strumentalizzazione (abuso di diritto) lecita della
normativa NASPI, anche se con sfumature diverse. Da una parte, si è concluso che
l’accoglimento della tesi accusatoria iniziale avrebbe portato a travalicare i
limiti della tipizzazione del reato di truffa aggravata; dall’altra parte, si è
detto che, pur ricorrendo “un caso di abuso di diritto”, vi è l’incertezza
relativa alla prova del danno per l’INPS, in quanto il singolo lavoratore si è “comunque
trovato nella condizione di accettare un percorso di allontanamento dall’azienda
su base non volontaria, con quanto ne consegue in termini di sussistenza dei
presupposti per l’ottenimento della NASPI”.