La Corte di Cassazione ha
recentemente affrontato una questione spinosa per gli imprenditori: il
pagamento degli acconti dell'imposta sul reddito delle società IRES.
In questo caso particolare, un'impresa
aveva dei crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione, la quale aveva
sistematicamente tardato nell'onorare i propri debiti. Ciò nonostante, l'impresa
avrebbe dovuto procedere al tempestivo pagamento degli acconti IRES. Tuttavia,
a causa del ritardo nel pagamento da parte della P.A., anche il pagamento degli
acconti IRES è avvenuto con ritardo. All'impresa è stata quindi notificata una
cartella esattoriale avente ad oggetto sanzioni ed interessi conseguenti a
ritardato pagamento del primo e secondo acconto IRES.
L'azienda ha impugnato con
successo la cartella esattoriale innanzi alla Commissione Tributaria
Provinciale, in quanto il ritardo nel pagamento delle imposte era dovuto a
forza maggiore che escludeva la colpevolezza e rendeva illegittima la richiesta
di pagamento di interessi e sanzioni.
L'Agenzia delle Entrate ha spiegato
appello contro la decisione, che però è stata confermata dalla Commissione
Tributaria Regionale, in quanto il ritardo nel pagamento da parte della P.A.
non poteva essere addebitato all'impresa.
Dunque, l'Agenzia delle Entrate
ha presentato ricorso in cassazione basato su un solo motivo. In particolare,
ha criticato l'interpretazione del concetto di forza maggiore e ha sostenuto
che il ritardo nel pagamento da parte della Pubblica Amministrazione non costituiva
un’ipotesi di forza maggiore. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e
deciso nel merito, statuendo quanto segue:
“Nel
caso di specie non ricorre alcun evento imprevedibile, essendo il ritardato
pagamento della P.A. un fenomeno (purtroppo) ricorrente, ed essendo onere
dell'imprenditore predisporre quanto necessario (accantonamenti, mutui) per
poter versare il dovuto all'Erario, pur in presenza di significativi ritardi
della P.A. nella corresponsione anche di cospicui importi.” (Cass. Civ. 12708/2024)