L’evoluzione tecnologica ha consentito di ampliare le forme di
comunicazione tramite la rete internet, da ritenersi tendenzialmente uno
strumento che rientra nella previsione di legge ove si evocano altri mezzi di
pubblicità.
Ciò avviene, in particolare, quando un contenuto lesivo viene reso “pubblico”
su un qualsiasi sito internet ad accesso libero. La libertà dell’accesso al
sito che contiene la comunicazione diffamatoria è esattamente parificabile alla
scelta di consultazione di una stampa cartacea, sicché nessuna questione può
porsi in tema di rispetto del principio di tassatività. Tuttavia, gli strumenti
di comunicazione digitale non sono tutti uguali e non funzionano tutti nel
medesimo modo. In particolare, una chat dell’applicativo Whatsapp è, per le sue
caratteristiche ontologiche, uno strumento di comunicazione di certo “agevolante”
ma al contempo “ristretto”, nel senso che il messaggio (di testo o immagine che
sia) raggiunge esclusivamente i soggetti iscritti (e reciprocamente
accettatisi) alla medesima chat.
Con sentenza n. 42783/25 dd.
25.11.2024 gli Ermellini hanno evidenziato che sussiste una rilevante
diversità - esclusivamente ai fini della integrazione della particolare
aggravante - tra l’utilizzo di un social (strumento che si rivolge - per
definizione - ad una ampia platea di persone previamente abilitate dal titolare
della pagina a consultarne i contenuti, con possibilità di riproporre i testi o
le immagini sulla propria bacheca, sì da dare luogo di fatto ad una forma di
diffusione incontrollata) e l’utilizzo di una chat di messaggistica
ristretta.
Secondo la Suprema Corte ad essere rilevante, invero, non è il numero di
iscritti alla chat quanto la “conformazione tecnica” del mezzo, tesa a
realizzare uno scambio di comunicazioni che resta - in tutta evidenza -
riservato.
La diffusione del messaggio a più soggetti - gli iscritti alla chat -
avviene, in altre parole, in un contesto informatico che se da un lato consente
la rapida divulgazione del testo dall’altro non determina la perdita di una
essenziale connotazione di riservatezza della comunicazione, destinata ad un
numero identificato e previamente accettato di persone.
Pertanto, la tensione con il principio di tassatività in ambito penale, ove
si voglia realizzare una equiparazione tra i diversi strumenti comunicativi, in
rapporto ad una previsione di legge ove si evoca un “mezzo di pubblicità”,
appare del tutto evidente.
Da qui l’esclusione della configurabilità dell’aggravante.